DOPO L'INTERVENTO DI PATRIZIA POLENGHI SUL DIARIO

L’allarme su rischi e opportunità del BIM al 2025 è già partito, mondo della progettazione diviso sulla scadenza

Il Consiglio nazionale ingegneri difende l’accelerazione della digitalizzazione impressa dal codice 36 e chiede di intensificare la formazione nella PA e nelle professioni per arrivare preparati alla scadenza ed evitare proroghe. Il presidente del Consiglio nazionale Architetti Miceli parla di norme come “grida manzoniane” e prevede un “inevitabile correttivo”. Il coordinatore della Rete Professioni Tecniche Zambrano invita le PA a colmare ritardi e vuoti servendosi dei professionisti come consulenti e prestatori di servizi tecnici. Anche l’ANCE studia il dossier – di Giorgio Santilli

L’allarme per il rischio di gravi ritardi nell’adozione del BIM, che l’articolo 43 del codice 36 rende obbligatorio dal 1° gennaio 2025 per tutti gli appalti di lavori di importo superiore a un milione di euro, è generalizzato, ma il mondo della progettazione si divide fra chi vuole comunque mantenere la scadenza puntando a innalzare il livello della sfida di modernizzazione nel 2024 soprattutto nelle pubbliche amministrazioni e chi ritiene che un approccio più graduale sarebbe utile per evitare di arrivare alla scadenza impreparati. Il dibattito su opportunità e rischi del BIM negli appalti è stato rilanciato dall’intervento di Patrizia Polenghi, presidente CEAS e rappresentante OICE per la Lombardia, ospitato dal «Diario dei nuovi appalti» (che si può leggere qui): al termine di un’analisi accurata, Polenghi giunge alla conclusione che alla data del 1° gennaio 2025 sarebbe più utile restringere l’obbligo del BIM alle sole opere di importo superiore a 5 milioni di euro e rinviare per le opere più piccole. La questione resterà di grande attualità per tutto il prossimo anno, ma il tema di una modifica eventuale al codice va affrontato per tempo. Qui di seguito le reazioni più rilevanti che abbiamo raccolto sull’intervento di Polenghi.

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