Un tema tornato, di recente, alla ribalta nel settore della contrattualistica pubblica attiene alla possibilità – o meno – per le Stazioni Appaltanti di ricorrere all’affidamento diretto delle concessioni ove di valore complessivo inferiore alla soglia di cui all’art. 50, comma 1, lett. a) e b) del D.Lgs. n. 36/2023. Si tratta di un tema che, soprattutto nei primi mesi di vigenza del nuovo Codice, era stato interpretato in chiave favorevole dalle Amministrazioni, anche in ragione del regime previgente che non precludeva, neppure per le concessioni, il ricorso all’affidamento diretto (v. Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2022, n. 1108). Una lettura sistematica dell’art. 50 del D.Lgs. n. 36/2023 – che richiama i “contratti” e non i soli “appalti” – sembrava avvalorare tale orientamento estensivo, legittimando le Amministrazioni a ricorrere all’affidamento diretto anche per le concessioni sotto soglia. Né l’art. 187 del medesimo Decreto sembrava ostativo, giacché la previsione di una “facoltà” di utilizzo della procedura negoziata (previa consultazione di almeno 10 operatori) non sembrava poter escludere a priori il ricorso all’affidamento diretto. Tuttavia, giurisprudenza e prassi amministrativa si sono consolidate in senso contrario, evidenziando come il nuovo Codice abbia introdotto un assetto autonomo per l’affidamento delle concessioni, non richiamando – neppure implicitamente – l’art. 50. Così, il TAR Emilia-Romagna, Parma, Sez. I, 18 giugno 2024, n. 155 ha escluso il ricorso all’affidamento diretto, riconoscendo nell’art. 187 l’unico canale procedimentale applicabile alle concessioni sotto-soglia.
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