APERTO IL 67° CONGRESSO DEGLI INGEGNERI

Perrini (CNI): nel codice appalti correggere subito la qualificazione su tre anni, solo il 2% dei professionisti accede

La relazione introduttiva contesta le «scelte politiche» fatte sulle norme per la progettazione e chiede di spostare l’attenzione sui tempi decisionali della PA che sono la vera causa di ritardo. Bene le correzioni al PNRR, i bonus edilizi vanno proporzionati al reddito ma bisogna continuare la politica di risparmio energetico, nel testo unico dell’edilizia si deve eliminare l’attestazione di doppia conformità. Redditi medi in crescita del 28%, il fatturato del settore dei servizi di ingegneria vale 12 miliardi (7,9 nel 2020). Riforma dell’Albo con una unica sezione – di Giorgio Santilli

Non alza mai il tono di voce il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, Angelo Domenico Perrini, nella giornata di apertura del 67° Congresso nazionale, a Catania. Neanche quando, al capitolo codice appalti della sua relazione introduttiva, prende pesantemente le distanze dalle principali norme sulla progettazione, definendole «scelte di carattere squisitamente politico»: la riduzione da tre a due delle fasi di progettazione; l’estensione indiscriminata dell’appalto integrato persino alle opere di manutenzione straordinaria; la mancata specificazione dei casi in cui possono essere svolte prestazioni gratuite; la mancata accettazione della proposta di sviluppare i concorsi di progettazione in due fasi anziché in una; la limitazione a soli tre anni del periodo di validità dei servizi svolti. Quest’ultima è considerata la criticità più grave: è «in aperta contraddizione con uno dei principi cardine posti a fondamento del codice, vale a dire l’apertura del mercato, riduce la platea dei potenziali partecipanti ai servizi di ingegneria, anche in considerazione della pandemia, a poco più del due per cento dei professionisti». Porta dritto dritto al decreto-legge correttivo di fine anno, iniziativa molto apprezzata, che dovrà «porre rimedio ad alcune palesi discrasie».

Non mancano apprezzamenti per alcune norme del codice, a partire dalla digitalizzazione delle procedure e dalla chiara distinzione, in sede di gara, della somma per lavori da quella prevista per i servizi di ingegneria. Ma resta un giudizio complessivo tranchante: «La scelta del legislatore di ridurre le fasi di progettazione e di puntare sull’appalto integrato – dice Perrini – è derivata dalla errata convinzione che sui tempi eccessivamente lunghi nella realizzazione delle opere pubbliche in Italia incidono fortemente i tempi riservati alla progettazione». Non è così, spiega Parrini: «Il 75-80% del tempo di attraversamento riguarda adempimenti delle stazioni appaltanti: scelte del sito, acquisizione di pareri, verifica e validazione dei progetti, approvazione. Ed è sulla durata di tali adempimenti che bisogna intervenire».

La relazione introduttiva al Congresso non si è occupata solo del codice appalti ed è stati anzi una relazione a 360°. Posizione netta sul PNRR (favorevole alla revisione) e sul testo unico dell’edilizia, con la proposta di eliminare l’attestazione di doppia conformità; non si scopre troppo sul Superbonus (ma poteva essere diversamente in questa fase delicatissima?), tace sulla proposta leghista di condono edilizio. Di seguito una sintesi per punti.

Via libera alla rimodulazione del PNRR. «Stimiamo che almeno 94 miliardi degli investimenti previsti dal PNRR possano essere classificati come engineering driven, ovvero opere e servizi per i quali le attività proprie dell’ingegneria e le competenze specialistiche in ingegneria sono le condizioni per realizzare quanto previsto. Siamo peraltro convinti che la rimodulazione di alcune delle missioni, cui il Governo sta attualmente procedendo, aumenterà il peso delle attività di competenza della nostra categoria».

Superbonus e bonus edilizi proporzionati al reddito. Il CNI «è da tempo in prima linea per definire, insieme alla filiera delle costruzioni e come contributo al Governo, una soluzione che consenta di trovare un punto di equilibrio tra i dettami della Direttiva UE EPDB (Direttiva per il miglioramento delle performance energetiche degli edifici) e la realizzabilità degli interventi di risanamento degli edifici nei tempi stabiliti dalle norme su cui in ambito europeo si sta dibattendo». Il Consiglio Nazionale, «sulla scorta delle ricerche del Centro Studi CNI, ha attivato sia direttamente che attraverso la Rete delle Professioni Tecniche un’interlocuzione con l’Esecutivo al fine di predisporre un meccanismo tecnico-economico che consenta di rimodulare il sistema dei bonus per il risparmio energetico in modo da rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi di risanamento del patrimonio edilizio previsto dalla Direttiva UE EPBD, rendendo sostenibile l’intervento finanziario dello Stato e prevedendo dei meccanismi di sostegno inversamente proporzionali al reddito per la parte di finanziamento delle opere di ristrutturazione a carico dei singoli proprietari di immobili». Il CNI ripropone anche di inserire fra gli interventi agevolati la diagnostica preventiva sullo stato delle strutture e gli interventi di prevenzione dal rischio sismico e rilancia l’introduzione del Fascicolo elettronico del fabbricato che, una volta a regime, «sarà in grado di fornire in modo immediato informazioni puntuali sulla storia, sul flusso di eventuali interventi di ristrutturazione o riparazione e relative procedure autorizzative».

Redditi in crescita, strutturare lo sviluppo dei nostri studi. «Negli ultimi due anni il reddito professionale medio degli ingegneri ha registrato un apprezzabile incremento. Tra il 2020 e il 2021 Inarcassa ha registrato per la nostra categoria un aumento del reddito medio del 28%. Si stima che il reddito professionale medio annuo sia passato da 34.700 euro a quasi 50.000 euro, una cifra non eclatante ma che segna un ciclo espansivo a noi favorevole. Oggi l’intero comparto delle attività professionali di ingegneria, connesse ai servizi di ingegneria e architettura assume maggiore peso strategico nell’economia nazionale, con un fatturato complessivo del settore che si stima abbia raggiunto 12 miliardi di euro (nel 2020 erano 7,9). Dobbiamo essere in grado di cogliere il significato di tali dinamiche di sviluppo e comprendere come mettere a valore questa crescita in termini di migliore presidio del mercato rafforzando la crescita dimensionale degli studi professionali e delle società attraverso cui operiamo. Dobbiamo approfittare dei maggiori introiti di questi ultimi anni per provare ad innovare i nostri studi professionali, digitalizzare maggiormente le nostre attività, rafforzare ulteriormente le nostre competenze, affiancare le nuove generazioni nell’accesso alla professione, rafforzare i legami con le amministrazioni locali che spesso appaiono ancora disorientate rispetto alla consistente mole di lavoro che è stata loro assegnata in termini di opere pubbliche da realizzare».

La robotica e la nuova centralità dell’ingegneria industriale. «Occorre essere, più di quanto accade oggi, un punto di riferimento ed un collettore di nuovi orientamenti per i laureati nei settori dell’Ingegneria industriale e dell’Informazione, chiedendo con forza e convinzione al legislatore che le prestazioni professionali svolte all’interno di tali settori siano riservate a soggetti che ne garantiscano la qualità e la rispondenza alla normativa vigente, nell’interesse della società civile che usufruisce dei servizi. Questo discorso sulla “nuova centralità” dell’Ingegneria industriale e dell’informazione è tanto più rilevante quanto più si pensa che il nostro sistema produttivo è sottoposto ad una intensa fase evolutiva legata alla digitalizzazione dei sistemi di produzione ed alla sempre più marcata introduzione di sistemi robotizzati. Pochi forse sanno che, tra i Paesi industrializzati, l’Italia è uno di quelli in cui si stanno maggiormente sperimentando le installazioni produttive robotizzate e il secondo in Europa (il primo è la Germania) per livelli di compravendita di robot. Questo passaggio verso un’industria di tipo 4.0 è, inoltre, inscindibilmente connesso all’utilizzo, nei sistemi produttivi, di forme di intelligenza artificiale».

No all’intelligenza artificiale generativa. «Il CNI ritiene che l’AI debba essere intesa come uno strumento che consente processi produttivi più sostenibili e sicuri per i lavoratori, in alcuni contesti con un intervento umano sempre più limitato. Questo non significa che i processi produttivi avranno luogo facendo a meno del lavoro umano. L’Intelligenza artificiale correggerà e migliorerà operazioni ripetitive, renderà più sicuri determinati processi, consentirà di acquisire ed eventualmente leggere meglio basi di dati utili a fare previsioni o prendere decisioni, ma l’elemento umano resterà centrale. Ci sarà sempre, e ribadiamo sempre, bisogno di professionalità che sovrintendano ai processi, anche quelli più innovativi e complessi. Diverso è il caso dell’Intelligenza artificiale generativa per la quale vanno certamente definiti limiti e richiamati costantemente principi di ordine etico, così come di recente, in diversi consessi internazionali, il Governo ha dichiarato di voler procedere».

Una sezione unica per l’Albo. «Riteniamo che sia indispensabile fornire ai laureati di primo livello, distinguendone il percorso a partire dal terzo anno, competenze immediatamente spendibili all’interno dell’apparato produttivo o con l’iscrizione nei collegi professionali di periti e geometri. Gli ingegneri sono chiamati ad assumersi grandi responsabilità, proprio in ragione di quella funzione di tutela del mercato che come appartenenti a un sistema ordinistico sono chiamati a svolgere; oggi più che mai lo possono fare se accompagnati non solo da amplissime e consolidate conoscenze nelle discipline tecnico-scientifiche di base, ma anche da nozioni di diritto, economia e conoscenza delle lingue straniere. Nella prospettiva di ritornare ad un Albo costituito da un’unica Sezione, riservata ai soggetti dotati di laurea magistrale, resta fondamentale definire, con una specifica norma, un percorso agevolato che consenta, tenendo conto delle competenze e conoscenze acquisite e certificate durante gli anni di permanenza nella sezione B dell’Albo, il conseguimento in sede accademica della laurea magistrale».

Equo compenso. «L’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, ai sensi dell’art. 2 comma 3 della legge 49, comporta che il compenso del professionista non può essere soggetto a ribasso e il criterio dell’offerta più vantaggiosa va applicato sulla base dei soli criteri qualitativi. In questo congresso avremo modo di affrontare il tema e discuterne sulle modalità applicative, ma il principio non è in discussione. Quanto alle lamentele manifestate da banche e imprese, è opportuno ricordare che la legge sull’equo compenso nasce proprio per porre fine alle storture imposte ai professionisti dai grandi committenti, con compensi irrisori per prestazioni di alta professionalità e di altrettanto alto livello di responsabilità. Un ritorno allo status quo non è possibile; i grandi committenti se ne devono fare una ragione e rassegnarsi, prendendo atto che la stagione dei facili profitti alle spalle dei professionisti va ritenuta definitivamente chiusa. Prima di chiedere a gran voce il ritorno ad un regime che consideriamo di sopraffazione è opportuno che i grandi committenti avviino con i Consigli Nazionali un percorso per definire nuovi standard di convenzione che soddisfino entrambe le parti interessate. Siamo certi che i Consigli Nazionali, attraverso la Rete delle Professioni Tecniche o direttamente, sono pronti ad avviare un confronto in qualsiasi momento. Infine, come da noi ripetutamente sostenuto, è indispensabile che il principio dell’equo compenso vada esteso a tutte le categorie di committenti anche al fine di salvaguardare il più piccolo di essi il quale, nel rapporto con il professionista, si trova in posizione subalterna, esattamente come i professionisti si trovano nei confronti dei grandi committenti».

Testo unico dell’edilizia. «Finalmente anche in conseguenza delle sollecitazioni della Rete delle Professioni Tecniche, è stata ripresa la bozza del documento di aggiornamento del DPR 380/2001; abbiamo rappresentato al legislatore l’opportunità che il testo unico dell’edilizia venga approvato non attraverso un DPR, ma come una vera e propria legge, in modo che agisca davvero come testo unico, cancellando la normativa precedente e semplificando l’attività dei professionisti e degli altri operatori del settore. Sembra che la soluzione scelta sia quella di procedere con una delega al governo e con la successiva emanazione di un decreto legislativo che sia costituito da un testo che fissi i principi e con allegati di dettaglio con natura prevalentemente regolamentaria. È comunque fondamentale che il corpo del decreto stabilisca le norme generali da applicare su tutto il territorio nazionale ed in particolare sulle procedure inerenti i depositi delle calcolazioni, eliminando la richiesta di doppia conformità che di fatto non consente interventi di risanamento di gran parte del patrimonio esistente; è poi un atto di civiltà giuridica porre un limite per la prescrizione degli atti: è assurdo che la responsabilità possa ricadere addirittura sulle generazioni future. Relativamente ai titoli abilitativi riteniamo corretto ed auspicabile introdurre elementi di semplificazione, riducendo a casi estremamente limitati il ricorso al permesso di costruire e proponendo un percorso che possa rendere realmente applicabile il c.d. principio di sussidiarietà “dei professionisti” ex lege 81/2017 e legge concorrenza 2022».

ICT e iscrizione obbligatoria all’Albo. «Nei prossimi anni, con lo sviluppo di Web 4.0 e Industria 4.0, e 5.0, l’ICT si appresta a svolgere un ruolo ancora più importante e determinante per lo sviluppo socio-economico delle società: l’uso delle automazioni, di robot, della realtà aumentata, intelligenza artificiale, internet of things e i big data, avranno un ruolo sempre più di primo piano per collegare le persone tra loro e con il mondo che le circonda. Molti analisti socio-economici prevedono nel prossimo futuro, un peso sempre maggiore delle tecnologie digitali che, come è avvenuto per l’industrializzazione del ‘900, diventeranno sempre più influenti nel determinare lo sviluppo e la ricchezza dei popoli: nei prossimi anni le città diventeranno sempre più “smart city”. È indispensabile che anche gli ingegneri operanti nel terzo settore, a garanzia della società civile per la quale svolgono le loro prestazioni, siano obbligati all’iscrizione all’Albo professionale e, conseguentemente, al rispetto del codice deontologico e dell’aggiornamento continuo in un ambito nel quale le innovazioni sono costanti».

GS

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