Il TAR Sicilia, sezione di Catania, ha rinviato il codice degli appalti al giudizio della Corte di Giustizia Ue.
La norma sospetta di incompatibilità con la disciplina comunitaria è il comma 6 dell’articolo 94 che prescrive l’esclusione automatica del concorrente che ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, salvo che il pagamento o l’impegno a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta. Si tratta di una norma con la quale le Stazioni Appaltanti devono fare i conti per ogni tipo di affidamento di un contratto pubblico (con o senza gara).
La previsione della orma del codice è apparsa al Tar eccessivamente stringente e penalizzante per gli operatori economici, in quanto esorbitante e quindi violativa dell’art. 57, par. 2, della Direttiva 2014/24/UE, norma self-executing, che ammetterebbe invece che la causa di esclusione per irregolarità erariale o contributiva non possa più operare quando l’operatore economico ha provveduto alla regolarizzazione della propria posizione prima dell’aggiudicazione.
Una forma, dunque di gold plating (che è vietato), ossia un aggravamento ingiustificato degli obblighi previsti dalla normativa europea, in violazione dei principi di proporzionalità e di non aggravamento degli oneri amministrativi. Da qui, pertanto, la rimessione della questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con l’ordinanza del 23 luglio 2025, n. 2386.
Il TAR siciliano, infatti, condividendo la asserita incompatibilità della norma nazionale con quella comunitaria e non potendo tuttavia disapplicarla, ha concluso di non poter procedere in altro modo per dirimere la controversia portata alla sua decisione, relativa appunto alla revoca di una proposta di aggiudicazione motivata dalla irregolarità contributiva sanata in corso di gara, e quindi successivamente alla scadenza del termine per le offerte.
Anche per il TAR rimettente, infatti, l’articolo 94, comma 6, del Codice esige una condizione temporale che non è esplicitamente prevista dalla direttiva 2014/24/UE, la quale stabilisce semplicemente che la causa di esclusione per irregolarità contributiva “non è più applicabile quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe”.
L’esclusione per irregolarità contributiva, inoltre, non ha carattere sanzionatorio, bensì mira a verificare l’affidabilità dell’operatore economico, che certamente non può ritenersi minata laddove la sanatoria non avvenga in fase anteriore alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta.
La questione pregiudiziale, pertanto, sebbene relativa ad una norma che contempla l’irregolarità sia erariale che contributiva, si è concentrata solo su quest’ultima.
Questi, dunque, i quesiti posti alla Corte unionale: “Se l’art. 57, paragrafo 2, della Direttiva 2014/24, debba essere interpretato nel senso che esso osti a una normativa nazionale (quale l’art. 94, comma 6 del d.lgs. 36/2023) che preveda, con riferimento alla inottemperanza di obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali, che l’estinzione, il pagamento o l’impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta“, e, in subordine, qualora la prima questione trovi risposta nella compatibilità della norma interna con il diritto comunitario, “Se l’art. 57 della Direttiva 2014/24/UE debba essere interpretato nel senso che esso osti a una normativa nazionale (quale l’art. 94, comma 6 del d.lgs. 36/2023) che impone l’esclusione automatica di un operatore economico per irregolarità contributiva, senza possibilità di regolarizzazione successiva, anche laddove l’operatore abbia sanato la propria posizione prima dell’aggiudicazione definitiva”.
La risoluzione preliminare della questione di compatibilità con le norme comunitarie sarà determinante per le successive decisioni del Tribunale amministrativo, anche rispetto alle questioni di legittimità costituzionale della medesima norma codicistica sollevate dal ricorrente con riferimento agli articoli 3, 76, 97 e 117, comma 1, della Costituzione. La pronuncia della Corte UE, infatti, potrebbe rendere superflua o, meglio, definire l’eventuale questione di legittimità costituzionale.
La parola passa ora al giudice comunitario. Sarà interessante seguire la vicenda per capire se da questa decisione – o addirittura prima – possa venire una modifica al codice dei contratti pubblici.