«Sin dall’inizio del PNRR noi abbiamo posto una grandissima attenzione alle opere e agli stanziamenti per i Comuni e gli enti territoriali perché li abbiamo sempre ritenuti fondamentali sia in termini di intervento sulle città sia in termini di suddivisione del rischio. È proprio l’atteggiamento opposto a quello del Governo quando, con accezione negativa, parla di polverizzazione». La presidente dell’ANCE, Federica Brancaccio, spiega per la prima volta, nei giorni caldi della modifica al PNRR, quali sono le profonde perplessità dei costruttori sulle proposte del ministro Fitto e del Governo.
Perché è utile quella che lei chiama suddivisione del rischio?
Perché una cosa è se si blocca un’unica grande opera da miliardi, un’altra cosa è mandare avanti tante piccole opere sul territorio che implicano anche tempistiche più facili da recuperare. Proprio perché l’avevamo detto dall’inizio, la riprogrammazione di oggi ci lascia stupiti. Se poi entriamo nel merito non capiamo il senso di stralciare rigenerazione urbana e dissesto idrogeologico che sono tutti i giorni sulle prime pagine dei giornali. Che segnale stiamo dando al Paese se tagliamo risorse a due ministeri fondamentali per il futuro del Paese come gli Interni e l’Ambiente?
Il ministro Fitto ha detto che quelle opere non saranno lasciate senza coperture.
Anzitutto molte di quelle procedure sono in corso, addirittura sono in corso cantieri in qualche caso. Sappiamo bene che quando c’è uno spostamento di fonti di finanziamento per un’opera, questo passaggio non è affatto immediato. Non è che stamattina tolgo i fondi dal PNRR e oggi pomeriggio li rimetto sul Fondo di sviluppo e coesione che per altro ha criteri diversi e ragioni di scelta delle opere da spiegare. Cosa deve fare un amministratore che si vede stralciata un’opera? Prenderà tempo? Aspetterà? Certo non firmerà il contratto che ha sulla scrivania. Tutto questo produce un effetto psicologico preoccupante: un Paese intero, compatto, sta lavorando sul PNRR, sulle singole opere, con una dedizione e un impegno straordinari, penso proprio a tanti sindaci che negli ultimi anni avevano visto depauperate le proprie casse, così facendo rischiamo di fermare o rallentare questo processo virtuoso. Per altro gli interventi dei sindaci non erano affatto quelli più in ritardo, avevano uno stato di avanzamento migliore degli altri nel PNRR.
Cosa vi aspettate? Che cambi il piano da mandare a Bruxelles? Che si trovano fondi alternativi disponibili domattina?
Sono certa che il ministro Fitto, in una prossima e speriamo molto vicina interlocuzione, saprà rassicurarci, vista la sua competenza e sensibilità in materia su quale soluzioni si possono trovare per risolvere queste indubbie criticità. I tempi sono strettissimi. Insieme ad ANCI e a Regioni ci aspettiamo in particolare rassicurazioni sugli interventi di rigenerazione urbana e contro il dissesto idrogeologico, opere per cui la scadenza del 2026 è assolutamente possibile.
Questa clamorosa sottovalutazione della rigenerazione urbana nel PNRR ci dice quanto sia importante, su quel fronte, rilanciare un’azione di Governo e sul territorio, fare una buona legge, prevedere incentivi, piani e fondi adeguati.
Ha scritto lei che il gap di produttività di questo Paese parte proprio dal fatto che le nostre città non riescono a sprigionare le energie di crescita, a essere quei centri di produttività, di stimolo, quegli incubatori necessari per trainare il Paese, perché sono vecchie da tutti i punti di vista e vanno rinnovate, rigenerate. Per altro abbiamo un impegno fortissimo dal ministro Salvini: da settembre il suo ministero lavorerà a un disegno di legge complessivo per rendere più adeguate le regole, le norme urbanistiche ed edilizie, di rigenerazione urbana, con l’obiettivo di rendere il Paese più moderno. Ci sono anche disegni di legge di gruppi parlamentari, penso a Forza Italia, che su questo vogliono fare uno scatto in avanti. E togliamo la rigenerazione urbana dal PNRR? Poteva essere il campo di prova e di allenamento che poteva contribuire a una buona legge complessiva. Mi faccia concludere sul PNRR con due considerazioni.
Prego.
La prima: non si fermano solo gli investimenti, si rallentano anche le riforme di cui il Paese ha bisogno per correre. Facciamo slittare la digitalizzazione della PA e anche l’attuazione della regola per cui le PA devono pagare in 30 giorni. Sono due esempi di riforme importanti, è la modifica complessiva al PNRR che non ci sembra giusta per il Paese. Ultimissima considerazione: riprogrammare e finanziare interventi importanti come Industria 5.0 è una scelta assolutamente condivisibile, ma si devono cercare altrove le risorse anziché fermare ciò che è in corso.
Parliamo del codice appalti. Siete stati molto critici sugli aspetti di concorrenza. Che pensate si possa fare?
La nostra preoccupazione è su due aspetti diversi della concorrenza. Il primo ha a che fare con l’ampia discrezionalità nelle procedure di gara data alle pubbliche amministrazioni, che non ci trova contrari ideologicamente, ma che reputiamo rischiosa se non accompagnata da una reale qualificazione delle stazioni appaltanti. Non è facile scegliere bene il contraente migliore, sulla base di una larga discrezionalità, per un’amministrazione depauperata di competenze negli ultimi anni e che ci metterà un po’ di tempo a riformare le proprie competenze. Siamo in parte tranquillizzati dal fatto che in corsa il Governo ha inserito nel codice dei contratti anche la possibilità di fare una gara aperta, ma certo se non si corre con la qualificazione delle stazioni appaltanti, i rischi sono alti. Apprezziamo molto il piano straordinario di formazione della PA del ministro Zangrillo, ma non sono questioni che si risolvono in tre mesi.
L’altro tema qual è?
L’altro tema è quello dei settori esclusi e dei concessionari che hanno avuto la concessione senza una procedura di evidenza pubblica nei settori esclusi e sono liberi di fare quello che vogliono senza nessun obbligo, neanche minimale, di procedure di gara a valle. Se consideriamo i due temi, il rischio è che il 50% del mercato sia fuori da qualunque procedura concorrenziale.
Cosa vi aspettate adesso come buona attuazione? E come si fa, con circolari, linee guida, correzioni al codice?
Noi ci aspettiamo subito alcuni chiarimenti urgenti che possono essere fatti anche senza modifiche normative. Faccio alcuni esempi: l’applicazione della revisione prezzi che ancora non è chiara; il tema del caro-materiali dove ci sono vuoti normativi e accavallamenti; la proroga, almeno temporanea, dei vecchi requisiti dei direttori tecnici delle imprese perché altrimenti avremo imprese senza direttori tecnici e direttori tecnici senza lavoro.
Vi aspettate anche correttivi veri e propri?
Una cosa che va risolta è la responsabilità solidale nelle ATI verticali perché prima questa era una responsabilità divisa per categorie di intervento, ora non è chiaro…