LA BATTAGLIA DELL'AUTORITA'

Nuovo braccio di ferro fra ANAC e società in house, imposto l’obbligo di qualificarsi come stazioni appaltanti

L’Anticorruzione all’attacco delle società controllate da amministrazioni pubbliche considerate organismi di diritto pubblico: ora bisognerà vedere quale sarà la loro reazione, se il ricorso al giudice amministrativo o l’accettazione del percorso di qualificazione (per cui per altro molte hanno i requisiti). L’Autorità ha anche avviato nelle scorse settimane verifiche a campione più generali sui soggetti che autodichiarano di essere esclusi dall’obbligo di qualificazione richiedendo una documentazione integrativa – di Gabriella Sparano

Braccio di ferro tra l’ANAC e le società in house operanti nei settori speciali. Pomo della discordia, il sistema della qualificazione delle stazioni appaltanti di cui agli articoli 62 e 63 del codice 36.
Da un lato infatti, l’ANAC, nella FAQ n. 3, lo ritiene pienamente applicabile alle società in house anche se operanti nei settori speciali in quanto esse, a differenza delle imprese pubbliche e dei soggetti privati titolari di diritti esclusivi e/o speciali, rientrano nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici (giusta previsione dell’articolo 28 della direttiva 2014/25/UE) e, di conseguenza, nella definizione di organismo di diritto pubblico.
Dall’altro lato, invece, le società in house respingono la loro equiparazione agli organismi di diritto pubblico, dei quali non ritengono di possedere tutti i requisiti che la norma richiede cumulativamente, e da cui  deriverebbero anche altre conseguenze ben più gravose del solo obbligo di qualificazione (ad esempio, l’impossibilità di adottare per il sotto-soglia i regolamenti di cui al comma 5 dell’articolo 50 del codice).
Nelle scorse settimane, intanto, l’ANAC, nell’ambito delle sue prerogative, ha avviato verifiche a campione su quanti, sul Servizio dedicato alla qualificazione, hanno selezionato l’opzione di esenzione
dall’applicazione del sistema, inviando loro una richiesta di integrazione documentale, mediante la
produzione nel termine di quindici giorni di documenti e informazioni utili a comprovare la loro effettiva riconducibilità alla categoria dei soggetti esclusi dall’obbligo di qualificazione, facendo discendere dal mancato riscontro la sospensione cautelativa del rilascio del CIG per gli appalti sopra soglia e l’avvio del procedimento sanzionatorio finalizzato all’irrogazione delle sanzioni previste dal codice.
In conseguenza di tale comunicazione, qualche società in house, pur nel fermo disaccordo con la posizione dell’ANAC, ha deciso di qualificarsi avendone peraltro tutti i requisiti, altre invece sono rimaste ferme nel respingere l’assioma “società in house=organismo di diritto pubblico”.
Con una ulteriore comunicazione, frattanto, l’ANAC, senza prevedere o consentire ulteriori contraddittori e volendo verosimilmente chiudere così la questione, ha invitato a correggere la domanda di qualificazione, dandone notizia all’ANAC medesima, ma senza fissarvi un termine.
Quale ulteriore scenario si profila ora?
Acquiescenza passiva all’ANAC (cui il codice attribuisce poteri di vigilanza e sanzionatorio) o ricorso al giudice amministrativo?

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