IL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Comincia in Parlamento la partita dei 75 miliardi di fondi di coesione: Fitto contro tutti, poi round decisivo a settembre

Ancora una volta Fitto accentra su di sé i poteri per indicare le priorità e le opere ammesse ai finanziamenti: i titolari dei programmi dovranno mandare a lui l’elenco degli investimenti che vorranno finanziare. Sei settori prioritari, ministeri e regioni sul piede di guerra per la perdita delle competenze sulla programmazione, primo round in Parlamento per la conversione. Nei programmi ci saranno tante strade e tanta acqua, energia e dissesto idrogeologico, ma forse anche uno spazio per un nuovo piano di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare – di Giorgio Santilli

“Rimetteremo in moto 75 miliardi”. L’entità dell’operazione avviata dal decreto legge coesione, approvato ieri dal Consiglio dei ministri, l’ha data lo stesso ministro proponente, Raffaele Fitto: 43 miliardi sono i fondi europei di coesione, la parte restante il cofinanziamento nazionale. Il suo obiettivo è superare la tradizionale pianificazione molto frammentata di queste risorse per inserirle in un quadro unitario raccordato agli obiettivi strategici del PNRR e alle intese per il Fondo sviluppo coesione (FSC) e sottoposto a sei priorità settoriali destinate ad assorbire la quasi totalità dei fondi liberati dalla riforma: risorse idriche, infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell’ambiente, trasporti e mobilità sostenibile, energia, sostegno alle imprese per le transizioni digitale e verde.

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Inoltre, spetta alla singola amministrazione valutare concretamente quale parte degli oneri assicurativi debba essere coperta con il 20% delle risorse di cui all’articolo 45, comma 2 (a discapito di altre finalità previste) e quale parte debba essere finanziata con altre risorse del quadro economico.
TAR FRIULI-VENEZIA GIULIA
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Il chiarimento della sentenza del 16 aprile: la stazione appaltante non deve essere qualificata per poter valutare una proposta di PPP presentata ai sensi dell’art. 193 del nuovo Codice.
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Un monito che presagisce addirittura possibili contenziosi futuri derivanti proprio da un esercizio non proprio ortodosso della delega.
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